Totò

Antonio De Curtis

Soldato Semplice
Esercito Italiano

Antonio De Curtis, in arte “Totò”, nacque a Napoli nel 1898; il padre, il marchese De Curtis, da subito non lo riconobbe come proprio figlio (lo farà solo nel dopoguerra) e crebbe con la madre Anna Maria Clemente, che lo rinchiuse in un collegio, da cui uscì prima del tempo perché attratto già da allora dai teatrini rionali che tempestavano Napoli, dove iniziò pure a lavoricchiare come imitatore e macchietta comica.

Nel 1914, al compimento dei 16 anni, Antonio Clemente si arruolò volontario nel Regio Esercito, non per una sua propensione alla vita militare (e lo dimostrerà in seguito) ma più verosimilmente per avere la certezza di avere almeno un pasto al giorno.

Dal Distretto Militare di Napoli Totò venne assegnato al 22° Reggimento di Fanteria “Cremona” di stanza a Pisa.

Il rigore della vita militare lo opprimeva, non tollerava i soprusi dei suoi superiori ed era refrattario ad ogni comando e alla vita militare in genere. 

Raccontò Totò durante un’intervista:
Le mie avventure di ginnasiale finirono assai presto, e ingloriosamente.
Né si può dire, per la verità, che le mie esperienze militari abbiano avuto un esito migliore. “Ero poco piú che un ragazzo quando mi presentai, volontario, al Distretto. Fui assegnato al 22° fanteria, di stanza a Pisa”.

Poi scoppiò la Grande Guerra, e dai centri di mobilitazione ed addestramento i militari vennero destinati ai vari fronti di guerra. Antonio De Curtis venne trasferito al 182° Battaglione di Milizia Territoriale, unità di stanza in Piemonte e destinata a partire per il fronte Francese. Prima della partenza il loro comandante di battaglione li avvertì che avrebbero dovuto dividere gli alloggiamenti in treno con un reparto di soldati marocchini dalle note, e temute, strane abitudini sessuali. Totò rimase terrorizzato e alla stazione di Alessandria improvvisò un attacco epilettico per essere ricoverato all’ospedale militare e non partire verso la Francia. I medici militari gli credettero, non fu processato per simulazione d’infermità ma tenuto in osservazione all’Ospedale militare per un breve periodo di tempo. Da lì passerà all’88° Reggimento Fanteria “Friuli” di stanza a Livorno.

La leggenda vuole che proprio in questo periodo coniasse il motto destinato a diventare celebre: “siamo uomini o caporali?”, stufo dei continui soprusi perpetrati nei suoi confronti da parte di un graduato ottuso, a cui probabilmente non andava tanto a genio quel soldatino napoletano che entrava ed usciva dagli ospedali militari con patologie cardiache e nevrotiche sempre abilmente simulate per restare in retrovie.

Terminata la guerra, Totò per un periodo si stanzia a Roma, viene congedato dalla ferma ma i suoi legami con il Regio Esercito e soprattutto con quella disciplina e quel rigore che si divertiva a canzonare ad ogni occasione, non erano terminati: si fece prestare una divisa da graduato, improvviso’ delle macchiette militari su alcuni palcoscenici improvvisati ed infine venne notato da parecchi impresari che gli aprirono le porte del firmamento artistico. di cui sarebbe entrato a far parte.

Tratto da Lagrandeguerra