Franco Monticone

Franco Monticone

Franco Monticone nacque ad Asti il 13 febbraio 1940 e trascorse la propria giovinezza a Genova, città nella quale rimase fino al 1958, anno in cui fu ammesso al 15º Corso dell’Accademia Militare di Modena. Al termine del biennio risultò tra i primi in graduatoria, dimostrando già da giovane una predisposizione spiccata per l’arte militare. Dopo aver frequentato la Scuola d’Applicazione d’Arma, fu assegnato nel 1963 al Battaglione Alpini “Aosta”, all’epoca reparto sperimentale per l’impiego di nuovi armamenti. L’intensa attività addestrativa svolta in tale contesto offrì a Monticone, allora tenente, un’esperienza di rilievo nell’impiego delle minori unità, consolidando una pratica che lo avrebbe accompagnato per tutta la carriera: quella dell’addestramento orientato all’efficienza operativa sul campo. Già abilitato al lancio con paracadute dal 1961, nel 1964 conseguì anche il brevetto di Istruttore militare di alpinismo, e venne successivamente trasferito al 1º Reggimento Paracadutisti a Livorno. Qui assunse il comando prima di un plotone, poi della 15ª Compagnia “Diavoli Neri”, un’unità frequentemente citata come modello esemplare nelle direttive addestrative del Comando della Brigata “Folgore”. Nel 1968 fu assegnato al Battaglione Sabotatori, che in seguito sarebbe divenuto il 9º Reggimento d’assalto paracadutisti “Col Moschin”, dove ottenne le qualifiche di Guastatore Paracadutista e Operatore Subacqueo. Nel 1970 frequentò la Scuola di Guerra, al termine della quale fu destinato al settore operativo del Comando Brigata “Folgore”, e successivamente allo Stato Maggiore dell’Esercito, ampliando così il proprio orizzonte professionale verso le più alte sfere strategiche della forza armata.

Nel 1978, Monticone assunse il comando del 9º Battaglione d’Assalto Paracadutisti “Col Moschin”, assumendo un compito delicatissimo e di portata storica: su impulso dei vertici politico-militari, fu incaricato di costituire una delle prime Unità di Intervento Speciale (UNIS) italiane, destinate al contrasto al terrorismo interno ed esterno in un’epoca in cui il Paese e l’Europa intera erano sconvolti dalla violenza eversiva. Fu così che Monticone elaborò nuove modalità d’impiego per contesti che trascendevano gli scenari militari tradizionali e che prevedevano obiettivi civili, urbani e simbolici. L’addestramento del personale fu condotto in condizioni di massimo realismo, secondo criteri di selezione e preparazione che rappresentarono una svolta nella dottrina operativa italiana. Questo importante contributo costituì una delle prime risposte strutturate dello Stato italiano all’ondata di terrorismo degli anni Settanta e Ottanta. L’esperienza accumulata in tale ambito rappresentò per Monticone un ulteriore affinamento nella gestione delle forze speciali e delle operazioni non convenzionali.

Dal 1980 al 1985 ricoprì incarichi apicali nella Brigata Paracadutisti “Folgore”, dapprima come Capo di Stato Maggiore e successivamente, una volta promosso colonnello, come Vice Comandante. Dopo nuovi incarichi presso lo Stato Maggiore dell’Esercito, nel 1988 fu promosso Generale di Brigata e nominato Comandante della Brigata “Folgore”, incarico che mantenne fino al 1991. Durante questo periodo si dedicò, con particolare rigore, al miglioramento della sicurezza nell’impiego del paracadute Irvin 80 B. Tale dispositivo, che in precedenza aveva sollevato molteplici criticità, vide nei successivi quattro anni l’azzeramento di incidenti gravi, testimoniando la bontà delle modifiche tecniche e procedurali introdotte. Nel 1991 Monticone venne chiamato a guidare il contingente ITALPAR nell’ambito della missione internazionale “Provide Comfort” nel Kurdistan iracheno, a seguito del primo conflitto del Golfo. In un contesto particolarmente ostico, caratterizzato da difficoltà ambientali, logistiche e politiche, seppe instaurare rapporti di cooperazione e fiducia con la popolazione curda e con le forze locali dei Peshmerga. L’intervento italiano, da lui coordinato, garantì sicurezza e assistenza a migliaia di rifugiati, favorendo il loro ritorno nei villaggi. Il comando alleato, a guida statunitense, espresse pubblicamente un alto apprezzamento per l’operato dell’Italia e per le capacità dimostrate dal generale Monticone.

Nel 1993 il suo nome fu coinvolto, assieme a quello di altri alti ufficiali, nel cosiddetto “Affare Lady Golpe”, una vicenda incentrata su presunti piani eversivi emersi a seguito del servizio militare svolto dal terrorista nero Gianni Nardi nei reparti paracadutisti. L’inchiesta giudiziaria si concluse con l’assoluta estraneità di Monticone a qualunque ipotesi di illecito. Gli accusatori furono condannati per calunnia e autocalunnia, e le accuse a carico del generale furono riconosciute come totalmente infondate. A dimostrazione del pieno riconoscimento della sua onorabilità professionale e istituzionale, Monticone fu successivamente promosso al grado di Generale di Corpo d’Armata. L’episodio si inserisce nel contesto più ampio e convulso dell’Italia dei primi anni Novanta, periodo segnato dalla crisi della “Prima Repubblica”, da profonde trasformazioni sociali e politiche e da una molteplicità di vicende giudiziarie e mediatiche di difficile decifrazione, spesso animate da finalità extra-istituzionali.

Negli anni successivi, Monticone fu incaricato di compiti strategici presso lo Stato Maggiore dell’Esercito. Dopo aver frequentato il Centro Alti Studi per la Difesa e aver comandato la Forza di intervento rapido, dal 1994 si dedicò allo studio dell’organizzazione delle Forze Speciali terrestri. In tale ambito fu responsabile della nascita di due nuove unità: il Reggimento Ranger e il Reggimento Acquisizione Obiettivi, 185º RAO, che avrebbero rappresentato un’eccellenza nell’ambito delle capacità tattiche e informative dell’Esercito italiano. Parallelamente, fu a capo del gruppo di lavoro che sviluppò il progetto “Sistema Soldato”, un programma all’avanguardia volto a incrementare l’efficienza, la sicurezza e l’interoperabilità del combattente moderno, evolutosi successivamente nel concetto di “Soldato Sicuro”. Tali attività si collocano all’interno di uno sforzo sistemico per adeguare l’apparato militare italiano alle sfide del nuovo secolo, sotto il profilo sia tecnologico sia dottrinale.

Franco Monticone concluse la propria carriera raggiungendo il massimo grado di Generale di Corpo d’Armata. Nel corso della sua lunga attività nell’ambito delle aviotruppe conseguì le abilitazioni ai lanci in caduta libera, ai lanci da alta quota con ossigeno, il brevetto di Istruttore Militare di Paracadutismo, e le qualifiche di Direttore di Lancio e Comandante di Pattuglia Guida. A coronamento di una carriera esemplare, gli furono conferite numerose onorificenze, tra le quali spiccano due Croci d’Argento al Merito dell’Esercito, la Medaglia d’Oro al Merito per l’attività di paracadutismo, la Croce Commemorativa per le operazioni in Kurdistan e in Bosnia, la Medaglia di Bronzo della Croce Rossa e la Medaglia per Meriti di Servizio conferita dal governo degli Stati Uniti. Fu inoltre insignito del titolo di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Fu Presidente Onorario della Sezione di Roma dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia, testimoniando il legame mai interrotto con la comunità militare. Morì a Roma il 17 agosto 2022.

     Roberto Marchetti

Fonte: wikipedia.org