Operazione C3

Operazione C3

L’Operazione C3, nota anche con il nome tedesco di Unternehmen Herkules, fu una delle più ambiziose e articolate operazioni militari mai pianificate dalle potenze dell’Asse nel corso della seconda guerra mondiale. Essa rappresentò il tentativo strategico di strappare Malta al controllo britannico, trasformando l’isola nel fulcro della potenza aeronavale dell’Asse nel Mediterraneo. Fin dall’entrata in guerra dell’Italia nel giugno 1940, la centralità di Malta per il controllo del traffico navale tra l’Italia e il Nordafrica rese la sua conquista un obiettivo primario per lo Stato Maggiore italiano. Situata in una posizione geografica di straordinaria rilevanza, Malta divenne la base operativa da cui le forze alleate lanciavano attacchi aerei e navali contro i convogli dell’Asse diretti in Libia. L’idea di conquistare l’isola fu inizialmente presa in considerazione già nel 1940, dopo la caduta della Francia. Si valutò l’impiego di una forza di circa 20.000 uomini, con sbarchi concentrati al centro dell’isola e sull’isola di Gozo, supportati da unità corazzate. Tuttavia, Mussolini, temendo le presunte fortificazioni britanniche e sopravvalutando la resistenza dell’isola, ritenne che un’invasione avrebbe comportato un rischio eccessivo, preferendo allora affidarsi a una campagna di assedio e bombardamenti.

Il progetto venne ripreso e concretamente elaborato a partire dal marzo 1942, in un momento in cui la situazione strategica nel Mediterraneo appariva favorevole all’Asse. Il Comando Supremo italiano, con la partecipazione di ufficiali tedeschi tra cui il generale Ramcke e sotto la supervisione della Luftwaffe, cominciò la preparazione dell’operazione. Il piano prevedeva una duplice azione: una prima fase aviotrasportata e una seconda via mare, supportata da un massiccio bombardamento aereo preparatorio. Nella conferenza di Klessheim del 29-30 aprile 1942, Hitler e Mussolini ratificarono ufficialmente l’operazione, stabilendo che essa avrebbe avuto luogo successivamente alla prevista offensiva italo-tedesca in Nordafrica, mirante alla conquista di Tobruk. Una volta completata questa operazione e liberate le forze aeree, esse sarebbero state trasferite in Sicilia per partecipare all’attacco a Malta. La preparazione navale fu affidata alla Forza Navale Speciale della Regia Marina, già costituita nel 1940 per uno sbarco in Corsica, e posta sotto il comando dell’ammiraglio Vittorio Tur. La flotta includeva 19 navi da trasporto, 270 mezzi da sbarco, una cinquantina di unità minori e una scorta composta da una trentina di siluranti. Queste forze avrebbero dovuto trasportare circa 62.000 uomini, 1.600 veicoli e 700 pezzi d’artiglieria.

L’imponente forza d’invasione italiana era composta da un insieme eterogeneo e numericamente imponente di unità. Tra le divisioni coinvolte vi erano la 80ª Divisione di fanteria “La Spezia”, la 20ª “Friuli”, la 4ª “Livorno”, la 1ª “Superga”, la 26ª “Assietta” e la 54ª “Napoli”, ciascuna dotata di reggimenti di fanteria e artiglieria. Alle divisioni regolari si aggiungevano unità specializzate: il Reggimento San Marco della Regia Marina, battaglioni camicie nere da sbarco della MVSN, i paracadutisti della 185ª Divisione “Folgore”, i guastatori, un battaglione di riattatori della Regia Aeronautica, e perfino centurie di volontari del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. La dimensione dell’operazione trovava riscontro nella sua complessità logistica: mezzi da sbarco tedeschi e italiani, navi da guerra, alianti e aerei da trasporto avrebbero dovuto operare in sincronia sotto l’ombrello protettivo dell’aviazione dell’Asse. Le truppe tedesche previste includevano il potente XI. Fliegerkorps, con la 7. Flieger-Division, la brigata paracadutisti Ramcke, e i reggimenti Fallschirmjäger 2 e 5, oltre a unità corazzate e scuole d’addestramento, per un totale di nove battaglioni di paracadutisti.

La strategia di invasione prevedeva due fasi principali: dapprima, un bombardamento aereo massiccio avrebbe dovuto colpire le difese britanniche e preparare il terreno per l’atterraggio simultaneo di centinaia di alianti e aerei da trasporto carichi di paracadutisti italiani e tedeschi, con il compito di occupare posizioni strategiche e neutralizzare le postazioni chiave della resistenza britannica; successivamente, due gruppi da sbarco principali, con un totale di 7.000 militari italiani, sarebbero sbarcati in due punti distinti dell’isola per costituire teste di ponte da cui far affluire rinforzi e consolidare il controllo del territorio. La presenza navale italiana, schierata nei porti di Messina, Reggio, Augusta, Napoli e Cagliari, avrebbe garantito l’appoggio continuo e la protezione delle rotte marittime contro possibili interventi britannici. A sostegno dell’invasione fu persino progettato l’utilizzo di autoscale dei vigili del fuoco montate su posamine, in grado di aggirare le difese costiere e facilitare l’accesso dei soldati.

Un elemento meno noto ma emblematico della preparazione fu l’addestramento e l’arruolamento di un piccolo gruppo di irredentisti maltesi che, emigrati in Italia o espulsi dal governo britannico, furono inquadrati come guide da sbarco. Uno di loro, Carmelo Borg Pisani, venne infiltrato a Malta nella notte tra il 17 e il 18 maggio 1942 per compiere attività di sabotaggio e raccolta informazioni, ma fu scoperto, catturato e infine impiccato dalle autorità britanniche. Nonostante l’enorme dispiegamento di forze e risorse, l’operazione non fu mai realizzata. La ragione principale risiedette nel mutare repentino degli equilibri bellici nel teatro nordafricano. Dopo i successi iniziali dell’offensiva di Rommel nel maggio-giugno 1942, culminati con la caduta di Tobruk il 21 giugno, Hitler concesse al generale tedesco l’autorizzazione a proseguire l’avanzata verso l’Egitto, sottraendo così uomini e mezzi destinati all’invasione di Malta. Malgrado la contrarietà del feldmaresciallo Kesselring, l’operazione venne rimandata ai mesi successivi. Tuttavia, con l’inizio della controffensiva alleata, in particolare con lo sbarco in Nordafrica durante l’operazione Torch e la definitiva perdita di Tobruk l’11 novembre 1942, ogni prospettiva di invasione di Malta venne definitivamente abbandonata.

L’Operazione C3 rimase, dunque, uno dei più emblematici progetti militari non realizzati del secondo conflitto mondiale, un piano che, se attuato, avrebbe potuto alterare sensibilmente l’andamento della guerra nel Mediterraneo. La sua mancata esecuzione testimoniò i limiti strategici e logistici delle potenze dell’Asse e la loro incapacità di coordinare in tempi utili uno sforzo congiunto su vasta scala, in un contesto in cui le decisioni erano spesso subordinate all’iniziativa tattica dei singoli comandanti e alle contingenze del fronte africano.

     Roberto Marchetti

Fonte: wikipedia.org