Vetterli-vitali mod. 1870

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Il fucile descritto è un esemplare significativo della storia armiera italiana post-unitaria, riconducibile alla produzione dell’Arsenale di Brescia, importante realtà industriale operante dal 1812 al 1945 e protagonista della modernizzazione bellica del Regno d’Italia. L’arma, realizzata mediante tecniche di fusione per le parti metalliche in acciaio e ottone e sagomatura del legno per la struttura portante, misura 135 cm di lunghezza, con un’altezza di 13 cm e uno spessore di 7 cm, ed è un testimone dell’evoluzione armiera tra la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Originariamente camerata per il munizionamento 10,35 × 47 mm R, tipico del modello “Vetterli Mod. 1870”, l’arma in esame venne successivamente ricalibrata per ospitare proiettili da 6,5 mm, probabilmente per standardizzarne l’uso con le munizioni del successivo “Carcano Mod. 91“, adottato a partire dal 1891 come nuovo fucile d’ordinanza del Regio Esercito. Attualmente l’arma risulta inefficiente, essendo stata resa inoffensiva mediante colata di piombo all’interno della canna, procedura comune per la disattivazione definitiva di armi militari dismesse. Dal punto di vista morfologico, presenta una canna in acciaio ancorata longitudinalmente a un fusto ligneo che si prolunga posteriormente nel calcio, elemento essenziale per la stabilità dell’arma durante il tiro, concepito per appoggiarsi alla spalla del tiratore. Sono presenti due passanti metallici inferiori, posizionati sul calcio e al centro del copricanna, funzionali all’aggancio di una cinghia in cuoio per il trasporto. Sulla superficie della canna si rinvengono punzonature identificative della fabbrica e dell’anno di produzione, elementi utili per la datazione e per la tracciabilità storica dell’esemplare. L’ideazione originaria dell’arma è da attribuirsi all’ingegnere svizzero Johann-Friedrich Vetterli (1822-1882), autore del progetto dell’omonimo fucile “Vetterli Mod. 1869” impiegato inizialmente dall’esercito elvetico. In Italia, il modello venne adottato come “Fucile Vetterli Mod. 1870”, versione monocolpo in calibro 10,35 mm, destinata a sostituire progressivamente il più obsoleto “Carcano Mod. 67 ad ago”, ancora in uso nel Regio Esercito all’indomani dell’Unità d’Italia. La scelta di adottare il sistema Vetterli da parte degli arsenali italiani rispondeva all’esigenza di modernizzare l’equipaggiamento militare del neonato Stato unitario, dotando la fanteria di un’arma più moderna ed efficiente. Tuttavia, il sistema monocolpo si rivelò presto inadatto alle mutate esigenze del campo di battaglia europeo, in cui gli altri eserciti avevano già iniziato a dotarsi di armi a ripetizione, in grado di garantire una superiore cadenza di fuoco. L’inadeguatezza del fucile monocolpo italiano spinse a una serie di modifiche migliorative, dapprima adottate dalla Regia Marina con il modello “Vetterli-Bertoldo Mod. 1870/82”, sviluppato dal capitano Giovanni Bertoldo. In seguito, fu il Regio Esercito ad adottare una versione a ripetizione progettata dal capitano Giuseppe Vitali (1845-1921), il “Vetterli-Vitali Mod. 1870/87”, reso tale mediante l’integrazione al blocco di culatta di un serbatoio-caricatore da quattro colpi, soluzione che permise un notevole miglioramento in termini di rapidità di fuoco e operatività. L’adozione di questa versione rappresentò un passaggio intermedio cruciale nell’evoluzione delle armi individuali in dotazione alle truppe italiane. Le successive versioni migliorative, come il “Vetterli-Vitali Mod. 1870/90 Ferracciù” e il “Vetterli-Vitali Mod. 1870/87/16”, testimoniano l’ulteriore tentativo di aggiornare l’arma alle esigenze del tempo, fino a quando il Vetterli non venne definitivamente sostituito dal “Carcano Mod. 91”, che sarebbe rimasto in servizio fino alla fine della Seconda guerra mondiale. La cultura armiera bresciana, già nota per la produzione di qualità in età preunitaria, conferma in quest’arma la propria rilevanza nel contesto della produzione bellica italiana ottocentesca. La denominazione popolare “skiop”, termine dialettale che identifica comunemente il fucile, sottolinea l’immediata riconoscibilità dell’oggetto anche nel linguaggio comune e nella memoria collettiva delle popolazioni locali.
Roberto Marchetti
Fonte: lombardiabeniculturali.it