A129

L’AW-129 Mangusta, noto originariamente come A129 e formalmente designato AW-129 dal 2007, rappresenta una delle più significative esperienze italiane nel campo degli elicotteri d’attacco e di scorta, nato da una precisa esigenza dell’Esercito Italiano e sviluppato da Agusta (oggi parte del gruppo Leonardo, ex Finmeccanica) a partire dalla fine degli anni ’70; il programma ha preso avvio nel 1978 in un contesto europeo in cui diversi Paesi valutavano la necessità di velivoli dedicati all’attacco, separando così il ruolo dalla tradizionale funzione di trasporto truppe, e si è concretizzato in una piattaforma leggera biposto il cui primo prototipo solcò i cieli il 15 settembre 1983, data che segna l’inizio di una lunga e articolata storia di sviluppo, impiego operativo e successive trasformazioni. L’idea iniziale di riprendere il design dell’A109 e modificarlo venne ben presto abbandonata in favore di un progetto originale che sfociò nella costruzione di cinque prototipi: il primo volò a Cascina Costa il 15 settembre 1983 e il quinto nel marzo 1986; dalle prove emerse un velivolo progettato per il combattimento anticarro, biposto con pilota e cannoniere, motorizzato con un turbina Rolls-Royce Gem 2 Mk1004D, rotore a quattro pale e una struttura realizzata in alluminio rivestita da materiali compositi, concepita per offrire una resistenza complessiva, compresi motore e rotore, ai proiettili fino al calibro 12,7 mm. Dopo la fase sperimentale l’Esercito Italiano ordinò inizialmente 66 esemplari, un quantitativo successivamente ridotto prima a 60 e poi, dopo il 1992, a 45; i ritardi nelle consegne del primo lotto, costituito da cinque velivoli, furono dovuti a problemi nello sviluppo del sistema ottico per il puntamento dei missili, e le prime consegne effettive avvennero soltanto nel 1990. L’armamento originario della versione basica comprendeva missili anticarro BGM-71 TOW e razziere da 81 mm, con la possibilità, già prevista nelle successive evoluzioni, di impiegare anche missili Hellfire in alternativa ai TOW; il Mangusta fu inoltre dotato di opzioni tattiche come cannoncini, pod per mitragliatrici e sofisticati sistemi di contromisure man mano che la piattaforma si evolveva. A partire dal sedicesimo esemplare prodotto furono introdotte modifiche importanti: rotori ripiegabili, illuminazione compatibile con visori notturni, nuovi sistemi di comunicazione e d’avvertimento radar e laser, jammer per contrastare emissioni radar e infrarosse, chaff e flares e serbatoi supplementari, segni chiari dell’intenzione di rendere il Mangusta più adatto all’operatività contemporanea e alla sopravvivenza in ambienti ostili. L’esperienza operativa del Mangusta confermò le potenzialità e insieme i limiti del progetto originario: il dispiegamento nel contingente NATO in Somalia tra il 1992 e il 1994, che vide l’impiego di tre A129 più altri quattro imbarcati sulla portaerei Garibaldi, dimostrò la capacità del velivolo di operare in condizioni climatiche difficili e su teatri caratterizzati da elevata usura ambientale; tuttavia l’impiego in missioni di stabilizzazione e controinsurrezione rivelò che l’architettura iniziale, pensata primariamente per il contrasto corazzato, non rispondeva pienamente alle nuove minacce asimmetriche, evidenziando la necessità di dotare il velivolo di armamenti più versatili, di mitragliatrici, di sistemi ottici per ricognizione, di navigazione GPS e inerziale e di filtri antisabbia per proteggere i motori. Le operazioni successive in Albania (1997), nella Repubblica di Macedonia e in Kosovo (tra 1998 e 1999) e più tardi gli impieghi in Iraq (2007) e in Afghanistan (dal 2007) confermarono la poliedricità di impiego del Mangusta ma allo stesso tempo spinsero a una serie di modernizzazioni e a sviluppi di varianti nate per rispondere tanto alle esigenze dell’Esercito Italiano quanto a mercati esteri interessati a versioni con diversa capacità propulsiva, avionica e di carico. Contestualmente agli sviluppi operativi, dall’orizzonte industriale e progettuale sorsero numerose varianti sperimentali e proposte di esportazione: il progetto congiunto europeo A129 LAH Tonal, stipulato con memorandum d’intesa del 1986 tra Italia, Regno Unito, Paesi Bassi e Spagna, mirava a realizzare un Light Attack Helicopter con motorizzazione RTM.332, rotore e carrello nuovi, sensori avanzati e armamento più potente, ma la ritirata di Regno Unito e Paesi Bassi nel 1990 in favore dell’AH-64 Apache pose fine al programma Tonal; altre varianti rimaste su carta o sperimentali furono l’A139 LTH (o LBH secondo alcune fonti), pensata per capacità di trasporto fino a otto soldati, e l’A129 Gannet (o A129N) navalizzata con radar sul muso e missili antinave, nessuna delle quali raggiunse lo stadio di prototipo operativo benché documenti e allegati tecnici sull’argomento siano circolati e attestino il grado di attività progettuale. Sul fronte delle motorizzazioni e della versione destinata all’esportazione, l’A129 International, presentata ufficialmente il 9 gennaio 1995, fu la sintesi più ambiziosa: equipaggiata con due turboalberi Allison-Garrett LHTEC T800 (o LHTEC LT800 nelle varie fasi di progetto), trasmissione rinforzata, rotore a cinque pale, cannoncino a tre canne TM-197B da 20 mm (prodotta da Oto Breda su licenza General Dynamics), maggiore capacità di carburante e avionica migliorata; questa versione era abilitata al lancio di missili AGM-114L Hellfire, oltre a TOW e razziere da 71 e 80 mm, e poteva impiegare FIM-92 Stinger per autodifesa aria-aria; l’aumento della massa da circa 4,1 t a 5 t andava di pari passo con un notevole incremento delle prestazioni, in particolare della velocità massima (fino a 280 km/h nella documentazione dell’epoca) e del rateo di salita, segnando quanto fosse possibile ottenere con l’adozione di motori più potenti e di soluzioni aerodinamiche avanzate. Sul piano nazionale l’evoluzione che ha inciso in maniera più profonda sulla flotta italiana è stata però la trasformazione dalla versione originaria CBT (Combat o Combattimento, talvolta indicata come A129C) alla successiva AW-129D (Delta) o ARH-129D, processo iniziato con sperimentazioni e aggiornamenti che hanno riguardato armamento, sensori e sistemi d’arma: la versione CBT, sviluppata progressivamente a partire dagli anni ’90 e adottata dall’Aviazione dell’Esercito come EES (Elicottero da Esplorazione e Scorta), incorporava il rotore a cinque pale e l’installazione opzionale della torretta con cannoncino Oto Melara TM-197B da 20 mm (con scorta di munizioni), sistemi ottici FLIR, contromisure EADS AN/AAR-60, nuove unità GPS e sistemi inerziali, avionica avanzata e la possibilità di impiegare missili Hellfire e Stinger; la scelta di aggiornare i velivoli non fu lineare: negli anni ’90 furono costruiti 30 dei 45 Mangusta inizialmente richiesti e nel 1999 l’Esercito chiese che gli ultimi 15 velivoli fossero prodotti già nella variante CBT, con ulteriori contratti nel 2001 per ammodernare i restanti esemplari e aggiornare la flotta fino al 2008. L’impiego in teatri come l’Iraq nel 2005-2006 (Operazione Antica Babilonia) e l’Afghanistan dal 2007 diede ulteriore impulso all’adeguamento della dotazione, ma fu la sperimentazione avviata nel 2014 dal 5° Reggimento AVES “Rigel”, Task Force “Fenice”, a sancire la transizione più significativa: l’AW-129D (Delta), concepito come Aerial Reconnaissance Helicopter, introdusse il sistema OTSWS (Observation, Targeting and Spike Weapon System) integrato con il sensore TOP LITE della Rafael e in particolare l’adozione dei missili Spike-ER (gittata circa 8 km), sostituendo i TOW e implicando modifiche hardware e software tali da rendere la versione D incompatibile con gli armamenti precedenti; il nuovo sistema ottico TOP LITE offre un campo operativo di acquisizione obiettivi molto più esteso (fino a 20 km nella documentazione tecnica) e ha modificato la disposizione dei comandi di tiro (con il copilota che utilizza due hand grip anziché il joystick per il TOW), mostrando come l’evoluzione del Mangusta sia stata guidata non soltanto dalla necessità di maggiore potenza offensiva ma anche di sensori e capacità di ricognizione avanzata. Parallelamente, la cooperazione industriale internazionale portò allo sviluppo del T129 ATAK per la Turchia: a settembre 2007 la Turchia firmò per 51 AW-129 destinati al programma ATAK con assemblaggio finale presso la TAI (Turkish Aerospace Industries) e subappalti ad AgustaWestland e Aselsan; il T129, il cui primo volo avvenne il 28 settembre 2009 a Vergiate, è basato sull’AW-129 ma monta motori LHTEC T800 più potenti e avionica/sistemi ottici di origine turca (tra cui l’ASELFLIR 300-T) adattati alle necessità climatiche e operative della regione, tanto da essere sottoposto a valutazioni presso basi come quella pakistana di Multan nel 2016, dove venne testato fino a 14.000 piedi in condizioni estreme di temperatura. Nel panorama delle proposte anche l’A129ASH (Advanced Scout Helicopter) venne promossa per l’Air Cavalry statunitense, ma non raggiunse lo stadio di prototipo; molte altre proposte e sperimentazioni restarono a vario titolo su carta o in fase di mock-up, coerentemente con un mercato internazionale caratterizzato da preferenze strategiche e da un’alta soglia di concorrenza tecnologica. Una traccia interessante dello sviluppo del Mangusta è infine rappresentata dall’evoluzione dei “musi” e dei sistemi di puntamento: analisi tecniche mostrano una progressione che va dal Tipo 1 sperimentale (muso liscio con alloggiamento per il visore TOW ma senza apparato), al Tipo 2 con visore Hughes M65 per il TOW (originariamente impiegato sugli AH-1 Cobra e montato in Italia a partire dal 1976 sugli A-109 TOW), al Tipo 3 con M65 e PNVS/FLIR, fino al Tipo 4–5–7 che costituiscono il configurazione operativa standard adottata per gli esemplari consegnati all’Esercito Italiano (con il sistema di puntamento svedese SAAB HeliTOW e alloggiamento per il PNVS), mentre il Tipo 6 rimase sperimentale per la International con il cannoncino gatling TM-197B; il Tipo 8 caratterizza la versione turca T129 con l’integrazione Aselsan ASELFLIR 300-T, e il Tipo 9 corrisponde al muso dell’AH-129D/ARH-129D con la torretta optronica Rafael TOPLITE III, adottata sugli esemplari italiani della versione D. Gli operatori del Mangusta includono in primo luogo l’Italia, dove l’elicottero è in dotazione all’Aviazione dell’Esercito (EES) con il 5° Reggimento AVES “Rigel” (Casarsa della Delizia, PN) e il 7° Reggimento AVES “Vega” (Rimini); la flotta nazionale è composta da circa 60 esemplari AW-129, di cui 48 operativi e con un processo di trasformazione in corso che ha previsto l’aggiornamento di 32 velivoli dallo standard C al D, mentre 16 AW-129CBT sono stati destinati a ruoli addestrativi e non saranno aggiornati allo standard D. La Turchia figura come altro operatore significativo tramite la versione locale T129 ATAK. Il Mangusta ha quindi accumulato un lungo elenco di impieghi esteri in missioni internazionali e nazionali, tra cui Algeria/Angola (dati operativi variabili nelle fonti), Albania (1997), Repubblica di Macedonia e Kosovo (tra 1998 e 2000), Somalia (1992-1994), Iraq (2007) e Afghanistan (a partire dal 2007), esperienza che ha influenzato la traiettoria evolutiva del progetto, orientandolo verso una crescente capacità di ricognizione, protezione e precisione di fuoco piuttosto che al mero attacco anticarro per il quale era nato; infine, nella programmazione delle forze italiane la dismissione graduale degli AW-129 era prevista a partire dal 2020, indicazione quest’ultima che testimonia il naturale ciclo di vita di una piattaforma che —pur avendo dato prova di elevata adattabilità e di significative innovazioni tecniche— si trova a confrontarsi con nuove generazioni di elicotteri e con mutati scenari operativi e tecnologici.
Roberto Marchetti
Fonte: militarypedia.it

