Diario del Ten Mauro Pietro


Per tutto il giorno, né sulla depressione alle nostre spalle, né sulla zona che ci separava dalle nostre linee, notammo alcun movimento, e fummo felici di aver constatato sempre rimanendo il dubbio su i tre fusti di cannone individuati – che dinanzi al nostro fronte non operava una linea continua e dei entri di fuoco stabili del nemico, ma reparti mobili, che con il favore della notte raggiungevano avvallamento di terreno e bersagliavano le nostre linee, ritirandosi, quindi, ad una certa ora, velocemente.
La sera continuammo la marcia, senza incontrare la minima presenza del nemico e all’alba, del giorno dopo, attraverso una marcia resa piuttosto lenta per la difficoltà del terreno, ci trovammo a circa 6 km dalle posizioni dell’ultima partenza sempre a ridosso del costone della depressione, da cui la nuova osservazione ci confermò i dati precedentemente assunti.
Ritorniamo nella notte del 23-24 nelle nostre linee, raggiunsi immediatamente il comando base, per consegnare al Cap. Beltrani il materiale fotografico, per lo sviluppo e quindi il comando di divisione dove relazionai al Col. Bignami ed al Magg. Sivo i risultati della missione.
Arriviamo così al 29 agosto 1942 ed i reparti della Folgore vengono passati alle dipendenze del X C.d’A., comandato dal Gen. Ferrari Orsi.
Gli spostamenti fin’allora avvenuti verso le linee difensive più avanzate rispondevano ad un criterio organico dei Comandi Superiori, che avevano maturato per la fine di agosto l’attacco decisivo di tutto il fronte italo-tedesco contro il dispositivo nemico.
Lo scopo dell’offensiva era quello di scatenare un’azione rapida nel tempo, convergente verso le posizioni di El Alamein e tendente a scardinare le forze inglesi duramente provate dagli accaniti combattimenti dei giorni precedenti ed in via di riorganizzazione in modo che fosse ostacolato ogni loro tentativo di recupero e non potessero giovarsi dei rinforzi, che incominciavano ad affluire sul canale di Suez del Medio Oriente, dall’America e dall’Impero Inglese.
Il concetto quindi dell’offensiva era quello di riunire le forze italo-tedesche su un fronte più ristretto e di farle partire all’unisono in una avanzata, che avrebbe potuto schiacciare le forze contenute dai bastioni di El Alamein sulla costa ed isolarle dagli altri reparti disseminati nel deserto.
A tale prima azione di neutralizzazione delle forze nemiche, avrebbe seguito la marcia di tre colonne sulle direttrici Alessandria, Cairo Suez.
Ecco perché nel pomeriggio del 29 agosto 1942, tutto il fronte italiano ebbe l’ordine di muoversi per occupare posizioni più avanzate che avrebbero potuto più agevolmente realizzare l’offensiva maturata data la maggiore vicinanza alle linee di comunicazioni.
Tra le nuove posizioni da raggiungere e le posizioni base di partenza si estendeva arida e brulla l’immensa depressione di El Qattara da tutti i lati battuti dal sole, priva di risorse idriche, sabbiosa, irregolare in una conformazione paurosa di Sali-scendi.
Era un infermo di calura, e la sabbia era infida in taluni punti tanto da affondarci fino al ginocchio.