Diario del Ten Mauro Pietro

Malgrado questo con volontà e tenacia encomiabili gli uomini della base. Guidati dal Cap. Beltrame riuscirono (vanno ricordati anche il Ten. Fabietti del genio ed il Serg. Sperandio) ai primi di settembre portare a termine la bonifica del pozzo con mezzi rudimentali rinvenuti o fabbricati ed a dare la possibilità di rifornimento d’acqua in abbondanza a tutta la divisione paracadutisti (anche la divisione Brescia si fornì da noi) disponendo quotidianamente di 45.000 litri di buona acqua.
Questa risoluzione del problema dell’acqua fu una vittoria inaspettata della base logistica della nostra divisione, la quale ebbe a distinguersi dalle basi delle altre divisioni, che fungevano, unicamente, da fonti di smistamento di materiale ed uomini.
La nostra base si organizzò con criteri di autonomia fornendosi di una autofficina che fu organizzata dal Ten. Mariotti (poi sostituito dal S.Ten. Storace, avvenuto in Africa malgrado che fosse amputato di un braccio) e dal Serg. Battista ed era costituita da un autodrappello formato da un centinaio di macchine, di cui 25 autobotti ed il resto di autocarri.
Vi era anche un laboratorio calzolai, costituito da 7 lavoranti; una attrezzatura per le riparazioni delle armi, che sotto la sorveglianza del Mar. Roberti aveva il compito di mettere in efficienza le armi, provenienti dalla linea, e di avviare quelle non più riparabili a Marsa Matruh; un laboratorio per le riparazioni di motociclette, organizzato dal Serg. Signorelli; il quale disponeva di 12 motociclette, quasi tutte costruite con materiale di recupero.
La base aveva anche un pronto soccorso tenuto dal S.Ten. Valentino ed alloggiato in una baracca di legno e lamiera ondulata.
La posta militare 260 smista in un tendone la corrispondenza proveniente dalle retrovie, consegnandola ogni mattina ad un carabiniere per il Comando Divisione. La corrispondenza proveniente dalle linee viene avviata a Marsa Matruh.
Il maresciallo dei carabinieri Bernardi destinato al Com. Divisione al posto del Ten. Perrone, rientrato in Italia fu sostituito nel mese di ottobre dal brigadiere Romano, che continuò la sua opera, dirigendo il piccolo posto di polizia militare costituito da 10 carabinieri.
Questa era la base di El Dabà: una piccola oasi, dove il fante della Folgore trovava il proprio conforto a l’ausilio più idoneo, una piccola oasi sorta unicamente per volontà di uomini.
Arrivammo così al 30 settembre 1942.l’alba fu di fuoco, di vampe, di scoppi frenetici che scuotevano la terra ed infestavano l’aria di acre odore di battaglia. Il nemico preparava l’offensiva che avrebbe dovuto provare la stabilità del nostro fronte e lanciava sulle nostre linee torme di aerei che, indisturbati, compivano il facile lavoro di smantellamento dei nostri centri di fuoco e di disorganizzazione delle nostre retrovie, attraverso un bombardamento massiccio a tappeto che durò all’unisono con le batterie terrestri fino alle 16:50 dello stesso giorno.