Diario del Ten Mauro Pietro

Verso la fine di luglio 1942 giunsi con il II Battaglione sul campo di aviazione di Lecce, dove erano a riceverci ed ad assisterci gli ufficiali delle Scuole di Tarquinia e di Viterbo. Vedo il Cap. Turrini scrupoloso professionista del lancio che aveva curato meticolosamente la nostra preparazione e, sul limitare del campo, il Col. Boduen, che aveva comandato sin dalle origini la Scuola, da cui oggi partivano i giovani che avrebbero dimostrato nel deserto africano le loro qualità di soldati e di eroici combattenti.
Mentre si svolgono i preparativi della partenza e gli aerei allineati sulla linea di volo fremono al ritmo dei motori, ci sentiamo spinti ad avvicinarci ai nostri istruttori e a dare loro il nostro caloroso riconoscimento. Molti sono attorno al generale Boduen. Boduen fa parte di un mondo tutto a sé; egli per razza, temperamento e tradizione è uomo che si distingue per la sua maniera di essere e di concepire il mondo che l’attornia.
Se una folla rotea attorno a lui, con propri fremiti, aspirazioni e sentimenti, è tale la forza che emana da quest’uomo che è costretta ad essorbirne, quasi senza accorgersene, motivi di purezza, di idealità, di spregio del pericolo.
Egli controlla, osserva guida ciò che gli è vicino nella stessa maniera che governa i suoi sentimenti. I paracadutisti avevano avuto la possibilità di apprezzarne le doti, specialmente in occasione di un avvenimento, che stava per avere conseguenze drammatiche nella Scuola di Tarquinia, dove un ufficiale parac. Il Ten. Biagioni, nel lanciarsi fuori da un apparecchio, era rimasto impigliato con il paracadute sulla coda del medesimo.
Questo rappresentava un caso veramente eccezionale e rarissimo, che si era concluso, sempre funestamente in altri paesi, ove era accaduto.
Furono l’educato ardire del Col. Boduen e la sua presenza di spirito ad evitare che il pesante S.82, la cui manovrabilità era resa difficoltosa dall’ingombro alla cosa, si sfracellasse al suolo e che il Ten. Biagioni mirabilmente conscio del pericolo che incombeva sugli ufficiali rimasti sull’aereo realizzare il disegno che aveva divisato di sganciarsi dal paracadute e gettarsi nel vuoto per salvare con il sacrificio della propria la vita degli altri.
Si vide allora il Col. Boduen montare sul suo monoposto e cercare di porsi sotto la coda dell’apparecchio che faticosamente manteneva la rotta.
Ma il risucchio ed il vortice d’aria, creato dalle eliche, non gli rese possibile tale manovra che aveva il fine di indurre il Ten. Biagioni a lasciarsi cadere sul piccolo apparecchio sottostante.
Non potendo riuscire in tale manovra, il Col. Boduen avanzò verso il mare di Tarquinia, facendo segno al pesante S.82 di abbassarsi il più possibile sul livello delle acque, dove il Ten. Biagioni potè lanciarsi da m.50 e salvarsi da sicura morte, pur rimando gravemente ferito. Oggi egli fa ancora il paracadutista.
Al carattere di Boduen invero ed al suo modo di educare si deve se dalla Scuola di Tarquinia uscirono quegli elementi selezionati che, alla prima prova, sulle dune africane, sprigionarono il loro spirito individualistico e di iniziativa, che ci rese pattugliatori eccezionali e combattenti capaci di risolvere questioni di necessità, con spirito personale.