Diario del Ten Mauro Pietro


Il cimitero era attorniato da un campo minato e da mine collegate con un sistema di lacci, quasi raso terra. Fu giocoforza uscirne con la maggior cautela e poiché il chiarore dell’alba inibiva ogni movimento, ci addossammo sul costone della depressione che prima avevamo individuato in buche che erano state scavate in precedenti combattimenti, sostenuti dalle parti avverse nelle alternative delle avanzate.
Il chiarore del giorno ci dette la possibilità di osservare comodamente dal ciglio del dirupo verso le nostre linee e distendere lo sguardo su tutta la depressione che si ammaniva alle nostre spalle.
Rimanemmo tutto il giorno acquattati nelle buche: ogni piccolo movimento avrebbe potuto tradirci.
Con grande sorpresa dovemmo notare che per tutto il raggio visibile dinanzi a noi non esistevano dei centri di fuoco nemico, né si intravedevano movimenti di truppe o di mezzi meccanizzati. Il silenzio più assoluto regnava su tutta la zona. Il Serg. Magg. Neri mi avverte di aver individuato alcune postazioni nemiche a qualche chilometro da noi. Guardiamo con il binocolo: in realtà si vedono, mimetizzati con la sabbia, dei fusti, – che sembrano cannoni, ma non si notano movimento né presenza di uomini. Quei fusti stanno lì immobili e paurosi, come roba inerte, né è possibile tentare di avvicinarsi.
Non mi rendo conto di ciò, tuttavia ne fisso la, loro sagoma, da tutti i lati con la macchina cinematografica e riprendo con il telemetro tutta la zona dinanzi a noi, segnando ad un di presso nella nostra carta topografica le zone filmate.
Sono le 5 del mattino: è l’ora cruciale per le nostre linee, che vengono continuamente per una due ore battute dall’artiglieria nemica, che fino allora non era stata mai individuata.
Sentiamo i primi colpi: rapidi, precisi, non passano sopra di noi, ma esplodono davanti od ai nostri fianchi.
In tre fusti che noi abbiamo individuato sono immobili. Dalle loro bocche malgrado l’osservazione più attenta non esce né fumo né vampa. Sembra un mistero ! uno dei compiti delle due pattuglie era appunto di individuare le postazioni nemiche, che ogni mattina, coi primi chiarori dell’alba risvegliavano le nostre linee senza possibilità di reagirvi.
La zona, innanzi a noi, era sabbiosa e fatta ad avvallamenti; su di essa per lungo tratto erano evidenti i segni di cingoli di carri armati e mezzi nemici, ma la più attenta osservazione non ci permetteva di individuare i centri da cui partivano quei colpi di fuoco.
Eravamo ormai convinti di non poter più chiarire la faccenda, quando – verso le 7 certo per un comando prestabilito, vedemmo sbucare da avvallamenti del terreno alcune jeep, che trainavano pezzi da 88, con circa 4 o 5 serventi.
Avemmo la possibilità di seguire i mezzi nemici mentre rientravano nelle loro linee e sparivano nell’orizzonte dopo la loro passeggiata notturna sollevando una nuvola di polvere e di filmare l’avvenimento.